BIOGRAFIA
“Dopo l’inganno visivo e sensoriale, lo sguardo percorre l’invisibile linea di impercettibili congiunzioni, dall’esistenza all’essenza l’atto creativo si coniuga con il processo auto-‐creativo, la memoria valica i confini della Storia” (1993).
Il rapporto arte-‐vita si delinea strettissimo in questo ed altri scritti di Fiorella Rizzo, la cui ricerca estetica è caratterizzata sin dai primi anni Settanta da una forte prevalenza plastica, anche se proveniente dalla sezione di Decorazione dell’Accademia di Belle Arti di Lecce, sua città natale .
Si trasferisce a Roma nel 1974 ed è subito partecipe della vita artistica, frequentando quotidianamente i luoghi d’incontro degli artisti e le gallerie.
Nel suo lavoro si delinea un interesse sempre maggiore per la produzione plastica e l’installazione. Nel 1977 espone a Bari “…dico anche l’immortalità dell’opera”, un’installazione che affronta e risolve l’enigma della Melanconia del Dürer. Con un montaggio fotografico sostituisce la sfera presente nell’incisione con una sfera di vetro che racchiude un seme di grano, scrive: “L’arte come la natura nasconde i misteri nel visibile”.“La trasparenza di quel primo cristallo si è mutata poi nell’opacità della terra rossa, che è diventata il suo medium abituale, derivata da un intenso rapporto fisico e spirituale con il Sud delle sue origini”1.
Dopo le prime personali (Roma 1975, Bari 1977, Salerno 1978, Roma 1979), nel 1981, è presentata da Tommaso Trini nella mostra “Arte e Critica” alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, a cura di Ida Panicelli, e si pone all’attenzione della critica nazionale ed internazionale partecipando anche alla selezione di “Art and Critics”, presso Marshall Field’s di Chicago.
Nella sua ricerca “l’arte, la vita, la Storia rappresentano un territorio sconfinato senza barriere, da percorrere alla ricerca di valori e certezze interiori come nelle sculture Moto iniziale, Per guardare il cielo, Genetliaco (1981-‐1982)”2. Quest’ultima, composta da dodici piedistalli con teste trafitte da asce, turba profondamente ed è esposta per la prima volta solo nel 1987 all’Accademia Tedesca nella mostra “Villa Massimo Arte” a Roma. L’opera subisce degli attacchi e viene spostata in una stanza protetta e sorvegliata. La visione artistica di Fiorella Rizzo investe e investiga sul progetto umano complessivo, il suo è considerato un “lavoro molto forte”, ma per i pregiudizi persistenti in Italia nei confronti delle donne artiste, agli inizi degli anni ottanta, le viene consigliato di trasferirsi subito a New York, ma lei decide di restare in Italia affrontando varie difficoltà.
Espone in varie mostre collettive tra cui “Terra d’Italia” alla Galleria d’Arte Moderna di Ancona, curata da Marilena Pasquali (1983); “Tridimensionale. Nuove tendenze della scultura” alla Galleria d’Arte Contemporanea di Termoli, a cura di Filiberto Menna (1984); “L’immagine e la cosa” al Museo Civico di Caltagirone (Catania), presentata da Lorenzo Mango (1986). Nel 1988 è con una mostra personale alla Galleria Cinquetti di Verona, con testo critico di Mario de Candia.
Alcune delle sue opere, presenti nella collezione di Carlo Cattelani, vengono esposte nelle mostre “Il colore dei Miracoli” (1987), “Il Paese delle meraviglie” e “Le Tavole della Legge”, (1994) a cura di Luciano Pistoi al Castello di Volpaia, “Dadaismo-‐Dadaismi” a cura di Giorgio Cortenova al Palazzo Forti di Verona (1997), “Imàgines de Culto” a cura di Carles Marco a Valencia e a “Casa Morandi” a Saronno (1998).
Nel 1991 presso la Galleria Stefania Miscetti di Roma, espone “Cripta”, un’installazione composta da ventidue colonne realizzate con terra rossa e nerastra. “Il tema è la visualizzazione di un mistero: quello che circonda il numero ventidue, cifra emblematica che ricorre a raggruppare segni e simboli di diverse civiltà”3 .
1 I. Panicelli, La terra, per guardare il cielo, in “Fiorella Rizzo. Nanne Mayer”, Accademia Tedesca di Villa Massimo, Roma, Fratelli Palombelli, 1987
2 M. Mozzo, Fiorella Rizzo, in “Dadaismo Dadaismi. Da Duchamp a Warhol – Biografie”, Milano, Electa, 1997, p. 402
3 A. Mammì, Fiorella Rizzo, in “Artforum”, summer 1991, n. 10, pp. 122-‐123
Dal 1989 al 1992 è presente in vari Musei degli Stati Uniti, tra cui The Phillips Collection –Washington D.C. con la mostra “Eternal Metaphors” nel cui catalogo Susan Sollins scrive: “Oltre la loro presenza formale e le molteplici immagini, le sculture della Rizzo propongono un discorso sulla conoscenza come coscienza (l’anima del mondo) e sulla coscienza come obbiettiva sapienza e cultura”.
L’intensa sperimentazione di tecniche, materiali e linguaggi espressivi (pittura, scultura, fotografia, installazione, video) e l’attitudine a modificare e a rendere irriconoscibili materia e oggetti sono una prerogativa delle sue opere. Boe dipinte di grigio ferro caratterizzano l’installazione “Naulo”, presentata alla Galleria Stefania Miscetti di Roma nel 1993 e sempre nello stesso anno nella mostra “Le onde”, a cura di Virginia Baradel (Sala San Leonardo, Venezia). In “Naulo” l’artista gioca con l’inganno visivo attraverso l’ambiguità della materia. Le sculture sferiche e biconiche sono disseminate sul pavimento, come fossero ordigni esplosivi, apparentemente pesanti, sono invece leggere e galleggianti.
Dal 1994 al 2003 vive prevalentemente a Londra, ma lavora anche in Italia, partecipando a numerose mostre collettive: “La Sonnambula”, a cura di Shara Wassermann alla Temple Gallery (Roma 1994), “Relief minimaux, Arte & Jeans, matière, mémorie, idée”, a cura di Federica Di Castro al Passage de Retz (Parigi 1994); “Lo spazio della scultura”, a cura di Ludovico Pratesi a Cinecittà 2 (Roma 1994); “Isole del disordine”, a cura di Anna Cerignola (Cortona 1994); “Nutrimenti dell’Arte” a La Salerniana (Erice 1995), “Eteronymous” a San Michele a Ripa (Roma 1997 ) e “1a Biennale dei Parchi Natura e Ambiente” all’Ambasciata Francese, Palazzo Farnese (Roma 1998), curate da Achille Bonito Oliva.
Nel 1997 è presente nella mostra “Lavori in corso”, a cura di Giovanna Bonasegale, con l’opera “Chiave di volta” che la Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma (l’attuale Macro) acquista per la collezione permanente. Nello stesso anno espone “Scatola nera” alla Galleria Martano a Torino, scatole di cartone fortemente modificato da apparire metallo: qui, come in Genetliaco, viene indagato il tema del rapporto mente-‐cervello.
Dal 2000 al 2002 realizza nella metropolitana londinese Kaleidoscope esposto a Londra alla Essor Gallery nel 2002, all’Istituto Italiano di Cultura di Berlino nel 2003 e al Festival Internazionale di Roma FotoGrafia a Villa Poniatowski nel 2006. Quarantadue foto che costituiscono un unico Opus, frammenti dell’iconografia pubblicitaria, raccontano “uno sguardo critico e visionario insieme che, mentre denuncia la condizione dell’immaginario collettivo, fa slittare l’iconografia del messaggio pubblicitario sui luoghi della visione dell’arte […]”4.
Nel 2006 in “Dissertare/Disertare” al Centro Internazionale per l’Arte Contemporanea di Genazzano è presente con “Match”(1995-‐2003), un calciobalilla in cui le ventidue sagome dei giocatori sono sostituite con teste color avorio perforate da aste d’acciaio, una denuncia dell’omologazione del pensiero.
Nella “XII Biennale di Arte Sacra” (2006) fa dialogare due opere cronologicamente lontane, che evidenziano l’atemporalità di alcune sue tematiche, le foto della sfera con seme di grano sui gradini di una scalinata (Fotisma, 1977), guardano pompe idrauliche che espellono sfere di vetro (Sinderesi, 2006): “Quelle pompe idrauliche, delocalizzate dal normale uso, richiamano il morbido ventre della nascita […] exemplum di uteri, capaci di dar vita. Le bolle di vetro sono il parto logico e puro di una creazione perfetta”5.
Nel 2007 presso la Galleria Vertigo di Cosenza, espone Light box e Appliques, contenitori di plexiglas con una miriade di lampadine disegnate, poi aggrovigliate che suggeriscono la potenza della luce oltre la sua realtà fisica.
Nello stesso anno è promotrice con altri artisti di “Invita” mostra-‐evento a casa di Benedetta e Giovanni Bulgari a Roma.
4 S. Santacatterina, Fiorella Rizzo Essor Gallery London, in “Segno” maggio-‐giugno 2002
5 G. Billi, Fiorella Rizzo, in “Dodicesima Biennale di Arte Sacra”, San Gabriele (Te), Edizioni Staurós, 2006, pp. 200-‐201
Nel 2009 espone in Belgio nella mostra “Senza Confini Staturòs Italia”a cura di Mark Delruee e a Cosenza nella mostra “Tornare@Itaca”, a cura di Mimma Pasqua e Franco Gordano, che nel 2010 è a Milano alla Fondazione Mudima.
Nel 2010, inoltre, partecipa a Macerata alla mostra dedicata a Matteo Ricci “Inopera”, a cura di Antonio Paolucci e alla “Quattordicesima Biennale d’Arte Sacra”, presentata da Giuseppe Billi a San Gabriele. Nella mostra “Arte dopo la Fotografia 1850 – 2000”, a cura di Angelandreina Rorro alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (2011), è presente con “Fotisma”, un’opera della collezione permanente del Museo.
Nel 2012 espone in varie collettive, tra cui “Quadratonomade”a Palazzo delle Esposizioni di Roma e “Livre d’artistes” a cura di Vera Amsellem e Vittoria Biasi alla Gallery Vera Amsellem a Parigi.
La trasparenza che aveva caratterizzato i lavori della seconda metà degli anni settanta ritorna nei lavori degli ultimi dieci anni, plastiche, pellicole e acetati dove le immagini, come in un negativo, sono completamente smaterializzate, lavori, questi, ampiamente documentati nella mostra antologica al Museo Carlo Bilotti, Roma nel 2013-‐14, con opere dalla metà degli anni settanta a oggi . In concomitanza con questa mostra la Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma espone “Campana”, 1980, opera della Collezione permanente.
Nel 2014 e 2015 partecipa a varie mostre collettive, tra cui “Art is real”, Palazzo Pasquino”, Roma; “4 Edizione della Biennal del fin del mundo” Plaza de l’Aqua, Argentina, nel progetto speciale di Vittoria Biasi; “Mito Sepolto”, Museo degli Enotri e dei Bretti, Cosenza.